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L’arte del saper fare richiede passione, pazienza, tempo.



Ci piace leggere nella testimonianza di chi fa parte della nostra famiglia l’entusiasmo con cui parla di noi e della realizzazione della sua opera prima!


Maggio 2014. Con tanto timore e timidezza, inizio il mio primo stage, che poi si trasformerà nel mio primo lavoro. Una visita all’azienda, un tour guidato attraverso macchinari e persone che presto si sarebbero rivelati colleghi pronti ad aiutarmi nel mio cammino di conoscenza.
Questo il primo approccio con una falegnameria che sin dal primo sguardo è capace di affascinare e di catturare l’attenzione.

Dopo una laurea in lingue, ritrovarsi tra un rovere e un olmo, un piallato a mano e uno spazzolato - con tutte le sue mille declinazioni - un pie’ d’oca e un toro, disegni tecnici che neanche Leonardo... Non è stata cosa facile, ho fatto mille volte le stesse domande ma alla fine qualcosa ho imparato e soprattutto in me è nata una curiosità di capire le cose, di provare, di “mettere le mani in pasta”.

Finché una scoperta: un corso di falegnameria a due passi dal lavoro!
Sarà la voglia di staccare gli occhi dal pc, il bisogno di creare e lavorare con le mani, la voglia di capire come “i ragazzi giù” pensano e lavorano, ma anche quella curiosità che move il sole e le altre stelle.


Per qualcosa come una settimana dopo la fine del corso, sono andata in giro annunciando il mio arrivo e la mia dipartita con una sorta di pluralia majestatis: io e il mio vassoio.
E’ solo un vassoio in faggio ma per me bellissimo: realizzato in un tempo quasi biblico ma con degli incastri a coda di rondine che combaciano alla perfezione, fatti rigorosamente a mano. E’ la mia piccola e personale opera d’arte.

 



Dietro a questo semplice vassoio, ci sono un lavoro e uno studio non indifferenti, frutto di pochi - ma fondamentali - ingredienti:
Un MAESTRO che con pazienza trasmette nozioni ma soprattutto la passione che guida questo mestiere e lo fa sopravvivere in questo mondo ipertecnologico La CONOSCENZA, quella che più che essere studiata e imparata dai libri, viene trasmessa e tramandata, quella che si impara rubando con gli occhi i segreti ai vecchi, quella che si impara guardando la natura, il legno e i suoi nodi e le fiammature, quella che si sente con le dita accarezzando una tavola con le sue vene e ascoltando il suo respiro. Perché se sai come guardarlo e toccarlo, il legno non riesce a nascondere neanche la sua parte più segreta.
La VOGLIA di imparare e di mettersi in gioco, di provare, di sporcarsi le mani.

E alla fine capisci che il falegname non è un lavoro semplice, non è un lavoro per tutti: non è solo saper usare un metro, una matita appuntita e delle macchine, ma è precisione nel segno e nel taglio - perché, quando si sbaglia, spesso bisogna ripartire da capo -, è conoscere e scegliere il legno più adatto per ogni tipologia di lavoro, è sentire il legno, nobilitarlo ed essere coscienti che è qualcosa di vivo che cambierà con noi ma darà soddisfazione e gioia di aver creato qualcosa di unico, che mai sarà uguale. E capisci anche che il falegname è un mestiere antico, ancora legato alla montagna, alla tradizione e anche ad una lingua spiccia, quel dialetto che sembra essere l’unica lingua ad avere le parole giuste per indicare qualsiasi gesto, strumento, sensazione legata al legno ed al suo lavoro.

Durante quelle lezioni, si è così impegnati a fare le cose per bene, a non farsi male, ad usare il ferro giusto, tenere lo scalpello in un modo piuttosto che in un altro, che ci si ritrova catapultati in un mondo parallelo, fatto di profumi e rumori unici e di un maestro che, con pazienza, svela i segreti del mestiere affinché la tradizione possa continuare ed essere tramandata.

E così, io e il mio vassoio ci lasciamo la porta della falegnameria alle spalle ma già in trepidante attesa che si riapra per il prossimo corso.


 



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